1.2.3.1 La morfosintassi
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La morfosintassi in pidgin è stata illustrata in molti lavori descrittivi della lingua e della sua grammatica (tra i più importanti e citati ricordiamo Faraclas, 1996).
Turchetta (2009, p. 155), insieme alla descrizione della morfosintassi ci presenta il panorama della letteratura di riferimento: Faraclas (1996) descrive le varietà mesollettali di Port Harcourt con qualche digressione su elementi strutturali e lessicali riconducibili alle varietà basilettali e acrolettali; Elugbe e Omamor (1991) e Mafeni (1971) si basano sulle varietà dell’ex Bendel State; Agheyisi (1971) riporta la varietà centro-occidentale; Eze (1980) si concentra in particolare sul pidgin meridionale, nonché su quello mediatico; Barbag-Stoll (1983) tratta soprattutto la varietà di Lagos; Obilade (1979, 1976) si occupa delle varietà di Lagos e di quelle sud-orientali. Da ultimo, Deuber (2005) è incentrato sulla varietà parlata a Lagos, in particolare da parte di soggetti altamente acculturati, e nelle emittenti radio con sede a Lagos.
Oggi si può avere una agile e breve panoramica delle strutture e di quanto spiegato finora sul sito dell’Atlas of Pidgin and Creole Language Structures (Michaelis et al., 2013).
A livello della morfosintassi nominale, il pidgin nigeriano presenta tre persone per il singolare e tre persone per il plurale, contrariamente a quanto si ha in inglese; il pronome di seconda personale è morfologicamente differenziato rispetto al corrispondente singolare. Tale influenza deriva probabilmente da una delle lingue di sostrato che alcuni studiosi hanno identificato con l’igbo.
Il sistema dei pronomi riportato nella tabella seguente sintetizza la situazione ritratta nei vari studi sul tema (Turchetta 2009, p. 155).
Ci sembra opportuno far notare che anche quando nello scritto si hanno per il pronome di terza persona singolare le varianti he (hi), him la <h> non risulta pronunciata, è un’occorrenza determinata dall’ortografia della lingua lessificatrice. In pidgin, soprattutto per le forme basilettali (cioè quelle forme meno elevate all’interno della varietà stessa), si riscontra un uso spesso indistinto tra i pronomi di terza persona maschili e femminili in quanto la corrispondenza di genere non è spesso rispettata, poiché è normalmente disambiguata dal contesto. In forme acrolettali (cioè le forme più elevate della varietà, tipiche di chi ha ricevuto un’istruzione), invece, si possono riscontrare i pronomi he/she, his/ her con differenziazione di genere.
Il pronome dem, nella tabella corrispondente alla terza persona plurale, può essere posto anche in seguito a un sostantivo, in questo caso si tratta di una particella con funzione pluralizzante del termine precedente. Inoltre, questa parola può essere impiegata anche come pronome indefinito, per cui dem ricorre ad esempio in costruzioni impersonali passivizzanti.
Anche person (pesin) e man possono comparire come pronomi indefiniti; altre forme indefinite composte da -body con referenza personale sono entrate nell’uso insieme con la serie delle forme composte da -thing/-ting in particolare per referenza a oggetti inanimati. Questi ultimi esempi derivano dall’inglese e sono riscontrabili soprattutto nelle varietà parlate da persone acculturate.
Nella tabella 1.4 non abbiamo riportato i riflessivi, che possono essere espressi semplicemente con la forma body, in referenza al corpo fisico del referente, oppure facendo seguire body o sef/self al possessivo. I reciproci si possono esprimere reduplicando i pronomi soggetto plurali (we-we, una-una, dem-dem).
Tratteremo brevemente anche altre categorie di pronomi:
Dimostrativi: prossimali (dis, ‘questo’) e distali (dat, ‘quello’), senza distinzione di genere e numero.
Interrogativi: non sono differenziati rispetto alle parole-domanda, per cui troviamo who / (h)u/ ‘chi?’, what (wat, wot) /wot/ ‘cosa?’, how (hau) /ao/ ‘come?’, where (we) /we/ ‘dove?’, when (wen) /wen/ ‘quando?’ e why /wai/ ‘perché?’. È facile anche incontrare pronomi interrogativi composti da whose- (hus-), what (wat-), which- (wich-) seguiti da -person (-pesin), -place (-ples), e - thing (-ting/-tin) del tipo wetin ‘che cosa?’. Si riscontrano anche how much e how many, ma diversamente dall’inglese non fanno distinzione di numero e sono intercambiabili. Infine, sono presenti anche alcune marche interrogative come abi o shebi (sebi), usate molto spesso soprattutto da parlanti di origine yoruba, per introdurre domande polari.
Altri esempi dell’utilizzo di marche interrogative possono essere alcune question tags come e no be so?, oppure e no be am?, le quali in coda a una frase, corrispondono all’italiano ‘non è così?/non è vero?’.
L’espressione no be so può essere usata anche in frasi assertive, per affermare il contrario di un enunciato precedente, come possiamo notare nel testo di una canzone di Fela Kuti (1972)
L’esempio sopra è utile anche per vedere l’utilizzo dei pronomi personali nella varietà acrolettale, in cui ricorrono nell’ortografia inglese standard. Inoltre, si rivela utile per introdurre altre caratteristiche strutturali del pidgin, come il futuro espresso attraverso il morfema verbale go e la particella na in funzione di copula.
Relativi: fondamentalmente il pidgin si serve di una particella relativizzante we/wey /we/, indifferente all’animatezza, al genere, al numero, al caso e a differenziazioni morfologiche circa la sua funzione di introduttore di frasi relative, sia restrittive che non restrittive.
Cfr. Agheyisi (1971, p. 130-1), Elugbe e Omamor (1991, p. 94-95), Eze (1980, pp. 104-10), Faraclas (1996, pp. 35-41, 187-8), Obilade (1976, p. 122).
Dal punto di vista sintattico si nota che la frase relativa è sempre posta dopo l’elemento che modifica. Anche i pronomi interrogativi possono fungere da relativi quando la testa nominale della frase relativa non è specificata.
Per quanto riguarda i modelli di pluralizzazione nominale, in pidgin la morfologizzazione del numero si realizza nei pronomi di persona e nei sostantivi, o in alcuni casi attraverso la posposizione del morfema libero dem al nome da pluralizzare (Faraclas, 2013); mentre non è presente negli aggettivi.
A proposito di quest’ultima categoria nominale, Faraclas (1996, pp. 48, 62, 69, 145, 221-6) osserva che sarebbe inesistente nel pidgin nigeriano. Infatti, lo studioso definisce come verbi stativi quelle parole che potremmo considerare, in altre lingue, dei complementi aggettivali. Questo è possibile perché nel pidgin li ritroviamo nominalizzati e impiegati in predicati nominali troncati (esempio 10), oppure usati in maniera simile all’uso degli aggettivi attributivi risultando quindi in costruzioni di tipo attributivo-possessivo (esempio 11). Tutto è ciò è reso possibile dalla multifunzionalità tipica del lessico pidgin e creolo, ottenuta attraverso i processi di rigrammaticalizzazione e risemantizzazione dei termini originari della lingua lessificatrice.
Cfr. Agheyisi (1971, pp. 55-6), Faraclas (1996, pp. 34, 134, 221-6), Holm (2000, pp. 134-5, 1988, pp. 103-4), Mühlhaüsler (1997, pp. 137, 196-7), Sebba (1997, pp. 119-20).
Nell’insieme delle costruzioni attributivo-possessive si annoverano anche i sintagmi nominali in cui un nome è la testa e un altro ne è il modificatore. Sempre secondo Faraclas (1996), in quest’ultima tipologia ricadono anche quei sintagmi in cui il nome è in realtà un modificatore deverbale, corrispondente nella tradizione grammaticale italiana a un aggettivo attributivo. Tale procedimento può essere esemplificato come lo presenta Turchetta (2009, p. 160):
se utilizziamo le etichette “possessore” e “posseduto” anche per, rispettivamente, “modificatore” e “testa”, allora potremo individuare i seguenti modelli attributivo-possessivi: a) [possessore + posseduto]: è il modello in assoluto più frequente e non presenta restrizioni di sorta; b) [posseduto + preposizione for + possessore]: è una costruzione di scarsa ricorrenza; c) [possessore + pronome possessivo di terza persona singolare (him/im) o plurale (dem) + posseduto]: è poco frequente e sembra ricorrere prevalentemente quando il possessore è animato, in particolare quando è umano, ma ricorre anche in espressione idiomatiche del tipo hefin hin ayi , ‘gli occhi del cielo’, ovvero ‘stelle’.
Per quanto riguarda invece la morfosintassi verbale, ricordiamo che pidgin e creoli sono lingue notoriamente prive, o con scarsa, morfologia flessiva, poiché si tratta di lingue a tendenza altamente analitica (cfr. Grandi, 2008, 2003).
Di conseguenza, è naturale aspettarsi marche tempo-modo- aspettuali (TMA) in forma di particelle separate dal verbo, come il morfema go nell’esempio (6). Ad ogni modo, bisogna sempre riconoscere la grande importanza giocata dal contesto di proferimento, dal cotesto e da eventuali avverbi o forme avverbiali di tempo, modo e aspetto.
Un riferimento fondamentale, a questo punto, lo troviamo nei concetti di “statività” e “non- statività”, come in quelli di “dinamicità”, “perfettività” e “imperfettività”.
I verbi stativi a marca zero presentano un aspetto imperfettivo e hanno referenza temporale presente (esempi 12 e 13), mentre i verbi non stativi a marca zero di solito ricorrono con aspetto perfettivo e hanno referenza temporale passata (v. esempi riportati sopra 3, 4, 7, 8, 9 e, di seguito, 14).
Riteniamo che la tabella sia fondamentalmente esaustiva per le esigenze di trattazione del presente lavoro, per quanto riguarda le marche TMA del pidgin nigeriano.
Per una trattazione in italiano delle strutture del NPE, cfr. Turchetta (2009, pp. 152-72). Per una trattazione in inglese esaustiva, un po’ ostica ai non iniziati, ma di notevole utilità, il riferimento più importante rimane Faraclas (2013, 1996)
Un altro aspetto importante della morfosintassi del NPE sono le copule. Vediamo le principali, tenendo a mente che il sistema copulativo del pidgin è più articolato di quello dell’italiano. Possiamo riscontrare tre verbi che vogliono dire ‘essere’: be /bi/ con valore identificativo, dey /de/ con significato locativale e na /na/, che ritroviamo anche in altre grammaticalizzazioni (cfr. Peter e Wolf, 2007, p. 10-11). In particolare la particella na risulta essere una delle più versatili (cfr. esempio 6), in quanto si usa come copula, come topicalizzatore e come enfatizzatore.
Come altri pidgin estesi o creoli, anche il pidgin nigeriano mostra delle costruzioni verbali serializzate. Anche qui, per illustrare velocemente la serializzazione in pidgin, ci serviremo di una tabella tradotta e riadattata da Faraclas (2013). All’interno della tabella 1.6 è possibile vedere quelle che sono le costruzioni più comuni, seppur le esemplificazioni siano ogni tanto discutibili a livello di contenuto, ma non è questa la sede per criticare l’operato dello studioso americano. I suoi studi sono basati su anni di ricerca sul campo e sono stati raccolti e spiegati nei suoi dettagliati lavori (2013, 1996), che comunque rimangono un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia approcciarsi a questa lingua oggi.
Possiamo osservare che il principio della serializzazione verbale ben si presta alla creazione di frasi efficaci in moltissimi contesti. Vedremo meglio questo utilizzo dei verbi nella trattazione dedicata all’evoluzione del Nigerian Pidgin English nelle prossime pagine. Le strutture qui presentate si sono costruite con l’andare del tempo e con l’espansione della lingua in Nigeria. Ma, come è avvenuta questa evoluzione? Quali elementi sono sopravvissuti al mutamento e quali hanno invece ceduto il passo all’entrata di altri nuovi e più efficaci? Illustreremo il percorso seguito dal NPE dal XIX sec ai giorni nostri, integrando la conoscenza delle strutture appena osservate all’analisi di alcuni testi.
L’estratto citato è tratto da “”, traccia contenuta nell’album “Shakara” di Fela Anikulapo Kuti (1972). (Traduzione nostra)
Di conseguenza, è possibile aspettarsi che quando si voglia cambiare aspetto e temporalità di queste categorie di verbi, si usino marche tempo-modo-aspettuali. Per evitare una trattazione eccessivamente lunga e contestualmente assicurarci un esame soddisfacente delle marche TMA in pidgin, proponiamo qui di seguito la tabella 1.5, ispirata a quella riportata da Faraclas nel suo recente lavoro pubblicato online sulla piattaforma online APiCS (2013), .