Introduzione

Professor, come teach me na! Professore, vieni a insegnarmi

Il presente lavoro prende spunto precisamente dalla frase “Professor, come teach me na!” pronunciata spesso, all’interno delle classi di italiano, nei confronti dell’insegnante – il sottoscritto.

È una frase che ho sempre trovato di grande interesse perché, in una certa misura, riflette la voglia di mettersi in gioco e, si direbbe, invita anche l’altro a fare lo stesso. In altri termini, un’interpretazione potrebbe essere: "Prof., vieni a insegnare a ME, vieni qui e fammi capire di cosa stiamo parlando – ma fallo bene – altrimenti io a lezione non ci vengo più, non ho tempo da perdere.”

Si potrebbe obbiettare che si tratta di una sovra-interpretazione e tuttavia molti elementi che caratterizzano il proferire quella frase inducono a leggervi questa intenzione comunicativa. Sul piano strettamente linguistico, si tratta di una frase formulata in una delle varietà linguistiche che possono emergere in una classe dell’italiano L2. Più precisamente, si tratta del pidgin, ulteriormente precisabile come Nigerian Pidgin English (NPE). All’interno delle classi di italiano L2, emergono molte lingue, non sono soltanto quelle nazionali, ma anche le loro varietà non-standard, quale, appunto, il NPE.

Accade così che un insegnante, convinto di potersi avvicinare all’insegnamento dell’italiano L2, per richiedenti asilo e rifugiati, anche grazie alle proprie conoscenze di lingue altre (inglese, francese e arabo), arrivi pian piano a misurarsi, a confrontarsi con altre varietà non-standard e perfino ad apprenderle. Così facendo, l’insegnante in questione avrebbe l’opportunità di riflettere sempre più approfonditamente su ciò che Blommaert definirebbe il suo “super-repertorio linguistico”, fino a diventare gradualmente consapevole delle implicazioni pratiche di tali conoscenze durante le lezioni di italiano.

Questo elaborato ha come oggetto la trasformazione di un’esperienza ingenua dei processi di accomodation e di apprendimento spontaneo delle varietà linguistiche non-standard che possono manifestarsi in una classe, in un percorso consapevole di studio, fino al disegno di un percorso di ricerca sul plurilinguismo emergente nella classe di italiano L2, il quale investe senza dubbio gli studenti, ma può coinvolgere profondamente anche l’insegnante.

L’interazione è il processo attraverso cui tutto ciò si manifesta. I riti della comunità-classe, i saluti, le spiegazioni infinite, alcuni ragionamenti molto alti sul sistema lingua, sull’Italia, sull’accoglienza e sulle migrazioni come rinegoziazioni interminabili di identità, responsabilità e progettualità personali hanno preso forma durante le lezioni attraverso un approccio multilingue e multiculturale.

Il presente lavoro intende accompagnare il lettore attraverso un simile percorso, articolato qui in tre passaggi fondamentali. Prima di tutto, si incontrerà una sintesi degli studi sulle lingue di contatto e una presentazione descrittiva del Nigerian Pidgin English – lingua a tutti gli effetti, seppure spesso sottovalutata anche da chi lavora nell’ambiente delle migrazioni, oggi in Italia e nel mondo – al fine di illustrare al lettore il funzionamento di questa lingua, nella speranza di suscitarne l’interesse per un approfondimento. Nel secondo capitolo, illustriamo le implicazioni della pidginizzazione come risorsa per insegnare una lingua seconda, analizzando i punti di continuità tra le due dinamiche.

Infine, nel terzo capitolo, presento il contesto di insegnamento da cui questi ragionamenti e le conseguenti letture hanno avuto luogo. Analizzo anche una sequenza interazionale estratta da una lezione audio-registrata. È interessante notare come la lezione in questione fosse dedicata a un gruppo di donne analfabete, le quali si rivelano più che capaci di interagire tra loro e con l’insegnante, confermando le teorie sulle risorse comunicative illustrate da Blommaert e Backus (2013).

È attraverso un cambiamento nelle pratiche reali dei contesti educativi che possiamo sperare in una sempre più efficace acquisizione dell’italiano da parte di richiedenti asilo e rifugiati. È attraverso l’accompagnamento dei soggetti alla creazione di quegli strumenti necessari alla propria autodeterminazione e al miglioramento della società che, come poi dirà molto meglio di me Androula Yiakoumetti, si può giungere alla costruzione della società di domani.

Giulio Asta Bologna, 24 settembre 2018

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