Acquisizione linguistica, educazione linguistica e repertori non-standard

Premessa al capitolo 2

Se la bibliografia descrittiva del pidgin e dei creoli si eĢ€ notevolmente ampliata negli ultimi decenni, sono invece ancora esigui gli studi che esaminano i processi di pidginizzazione e di creolizzazione in quanto meccanismi simili allā€™acquisizione linguistica di una lingua seconda, questione di indubbio interesse per il presente lavoro. CioĢ€ potrebbe rivelarsi utile per capire in che misura una migliore comprensione di tali processi possa presentare implicazioni pedagogiche e didattiche in contesti di acquisizione linguistica guidata, ad esempio la classe di lingua. Anche Holm (2000) riconosce che, in questo senso, il valore pratico degli studi dedicati ai pidgin e ai creoli eĢ€ considerevole.

PoicheĢ tali lingue non sono tradizionalmente scritte, spesso i parlanti devono imparare a leggere e a scrivere in una lingua straniera o ā€œquasi-stranieraā€, di solito quella lessificatrice. Proprio percheĢ lā€™identitaĢ€ separata della varietaĢ€ ri-strutturata ā€“ o addirittura la sua stessa esistenza ā€“ spesso non riceve un riconoscimento ufficiale, normalmente eĢ€ la lingua ā€œquasi-stranieraā€ ad essere insegnata ai bambini come lingua madre.

Questa tendenza ha causato serie problematiche per le pratiche educative riservate ai milioni di persone che parlano pidgin e creoli, a partire dallā€™Africa fino ad arrivare agli Stati Uniti, ai Caraibi, in Brasile e in Australia (Holm, 2000). Lo studio di una soluzione nei confronti di questa difficoltaĢ€ e unā€™applicazione dei risultati delle ricerche sui problemi pratici dellā€™istruzione e dellā€™educazione linguistica eĢ€ soprattutto da attribuire ai creolisti che hanno studiato tali situazioni ai Caraibi ā€“ e a Siegel (2009, 2006, 2004), tra i massimi esponenti ā€“ anche se non sono i soli. Ad ogni modo, secondo Holm cā€™eĢ€ ancora moltissimo lavoro da fare, anche semplicemente per descrivere queste ristrutturazioni linguistiche tra le varietaĢ€ non-standard, cosiĢ€ che insegnanti e professori possano capire come siano e come funzionino effettivamente le prime lingue dei loro studenti.

Chiaramente, un lavoro in questa direzione potrebbe essere incoraggiato da politiche linguistiche tendenti al riconoscimento delle varietaĢ€ non-standard, soprattutto in merito alla loro espansione e al loro effettivo utilizzo in moltissimi domini dā€™uso. Ad esempio, similmente a quanto si eĢ€ illustrato sopra per la situazione nigeriana, in Papua Nuova Guinea e nellā€™area Sud del Pacifico, il tok pisin (in pidgin a base lessicale inglese) eĢ€ attualmente impiegato nei media e in parlamento, proprio grazie alla sua presenza a livello nazionale. EĢ€ interessante notare, per evidenziare la valenza pratica della ricerca sul tema, come gli studiosi delle lingue pidgin e di creolistica abbiano avuto un ruolo attivo allā€™interno della pianificazione linguistica di questa e di altre parti di mondo. Ulteriori creoli che stanno gradualmente acquisendo un riconoscimento ufficiale si trovano ad Haiti, alle Seychelles, in Guinea-Bissau, nelle Antille Olandesi e nelle isole di Capo Verde. In questi paesi, studiosi di creolistica locali e stranieri si sono impegnati in progetti pratici atti a migliorare gli interventi educativi presso scuole, istituti privati e universitaĢ€, spaziando tra discipline descrittive e dinamiche, dalla lessicografia alla produzione di materiali didattici specifici (Holm, 2000).

Inoltre, nella letteratura dedicata agi studi acquisizionali sono individuabili varie linee di pensiero nei confronti del trattamento della diversitaĢ€ linguistica in classe. Ferguson (2003) ritiene che una delle piuĢ€ convincenti sia quella che non solo accetta il ricorso allā€™alternanza linguistica, ma anche incoraggia un aumento della consapevolezza del suo uso da parte dellā€™insegnante. Come ci illustra Arrigoni (2011, p. 27):

le motivazioni a sostegno di tale linea di pensiero sono principalmente due: da un lato, con il ricorso a piuĢ€ lingue in classe, gli apprendenti prendono consapevolezza del fatto che alternare due lingue eĢ€ una pratica comune e normale sia in classe che nelle comunitaĢ€ bilingui; dallā€™altro lato, si vuole sottolineare che lā€™alternanza di codice puoĢ€ essere unā€™utile risorsa comunicativa e un supporto alla comprensione del contenuto delle lezioni per gli studenti, mentre per gli insegnanti puoĢ€ costituire un aiuto per controllare il comportamento della classe e per mantenervi un buon clima.

Naturalmente, come abbiamo giaĢ€ potuto osservare nel capitolo precedente, il terreno fertile per la nascita di un pidgin eĢ€, appunto, una comunitaĢ€ plurilingue piuĢ€ o meno estesa. CioĢ€ significa che i repertori linguistici di riferimento di partenza sono particolarmente eterogenei e, ā€“ seguendo la definizione di repertoire di Blommaert e Backus (2013, Cfr. Cap. 3) ā€“ in seguito ai viaggi migratori dei soggetti, tali repertori si rivelano sempre piuĢ€ ampi e ricchi di risorse comunicative e strategie di compensazione. Simili strategie si manifestano durante le interazioni in classe, quando lā€™insegnante incoraggia gli studenti a trovare nuove vie per esprimersi, in tentativi sempre piuĢ€ precisi al fine raggiungere gradualmente ā€“ e in maniera simile a cioĢ€ che avviene nellā€™evoluzione di un pidgin ā€“ la lingua target.

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