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Professor, come teach me na!
  • Il Nigerian Pidgin English nella classe di italiano L2
  • Introduzione
  • Capitolo 1
    • Il Nigerian Pidgin English tra le lingue di contatto: teorie, storia ed evoluzione
    • 1.1 Pidgin, creoli e lingue di contatto
      • 1.1.1 Bastardizzazione, semplificazione o genesi di una lingua?
      • 1.1.2 Il pidgin come lingua franca
      • 1.1.3 SemplicitĆ , domini d'uso, potenza espressiva e forza del contesto
      • 1.1.4 Gli studi sulle lingue di contatto
        • 1.1.4.1 Le ipotesi filogenetiche
        • 1.1.4.2 Le ipotesi universaliste e l’approccio tipologico
    • 1.2 Il Nigerian Pidgin English
      • 1.2.1 La nascita del pidgin: da gergo a lingua
      • 1.2.2 Nigeria o NaijĆ”?
      • 1.2.3 Strutture ed evoluzione
        • 1.2.3.1 La morfosintassi
        • 1.2.3.2 L’evoluzione del NPE
      • 1.2.4 Funzioni ed implicazioni socioculturali
  • Capitolo 2
    • Acquisizione linguistica, educazione linguistica e repertori non-standard
    • 2.1 Acquisizione linguistica e pidginizzazione di una lingua di contatto
      • 2.1.1 L’interlingua e il pidgin, un parallelismo possibile
      • 2.1.2 Processi di acquisizione/pidginizzazione individuali e sociali
      • 2.1.3 Educazione linguistica e immigrazione, verso un approccio anti-essenzialista
      • 2.1.4 La pidginizzazione come strategia propria dell’acquisizione linguistica
    • 2.2 Le varietĆ  non-standard in classe
      • 2.2.1 Ideologie e solidarietĆ  linguistiche, fuori e dentro la classe
      • 2.2.2 Approcci pratici e possibili implicazioni formative
  • Capitolo 3
    • Il Nigerian Pidgin English tra le altre lingue nella classe di italiano L2: 
 un’analisi di sequenze
    • 3.1 Educazione, confini, lingua
    • 3.2 Il contesto della ricerca
      • 3.2.1 I soggetti della ricerca
      • 3.2.2 I dati e il progetto di ricerca
    • 3.3 La metodologia di analisi
      • 3.3.1 Un esempio di analisi conversazionale
    • 3.4 Analisi e risultati
  • Conclusioni
  • Bibliografia
  • Appendici
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  1. Capitolo 2

Acquisizione linguistica, educazione linguistica e repertori non-standard

Premessa al capitolo 2

Se la bibliografia descrittiva del pidgin e dei creoli si eĢ€ notevolmente ampliata negli ultimi decenni, sono invece ancora esigui gli studi che esaminano i processi di pidginizzazione e di creolizzazione in quanto meccanismi simili all’acquisizione linguistica di una lingua seconda, questione di indubbio interesse per il presente lavoro. CioĢ€ potrebbe rivelarsi utile per capire in che misura una migliore comprensione di tali processi possa presentare implicazioni pedagogiche e didattiche in contesti di acquisizione linguistica guidata, ad esempio la classe di lingua. Anche Holm (2000) riconosce che, in questo senso, il valore pratico degli studi dedicati ai pidgin e ai creoli eĢ€ considerevole.

Poiché tali lingue non sono tradizionalmente scritte, spesso i parlanti devono imparare a leggere e a scrivere in una lingua straniera o ā€œquasi-stranieraā€, di solito quella lessificatrice. Proprio perché l’identitaĢ€ separata della varietaĢ€ ri-strutturata – o addirittura la sua stessa esistenza – spesso non riceve un riconoscimento ufficiale, normalmente eĢ€ la lingua ā€œquasi-stranieraā€ ad essere insegnata ai bambini come lingua madre.

Questa tendenza ha causato serie problematiche per le pratiche educative riservate ai milioni di persone che parlano pidgin e creoli, a partire dall’Africa fino ad arrivare agli Stati Uniti, ai Caraibi, in Brasile e in Australia (Holm, 2000). Lo studio di una soluzione nei confronti di questa difficoltaĢ€ e un’applicazione dei risultati delle ricerche sui problemi pratici dell’istruzione e dell’educazione linguistica eĢ€ soprattutto da attribuire ai creolisti che hanno studiato tali situazioni ai Caraibi – e a Siegel (2009, 2006, 2004), tra i massimi esponenti – anche se non sono i soli. Ad ogni modo, secondo Holm c’eĢ€ ancora moltissimo lavoro da fare, anche semplicemente per descrivere queste ristrutturazioni linguistiche tra le varietaĢ€ non-standard, cosiĢ€ che insegnanti e professori possano capire come siano e come funzionino effettivamente le prime lingue dei loro studenti.

Chiaramente, un lavoro in questa direzione potrebbe essere incoraggiato da politiche linguistiche tendenti al riconoscimento delle varietaĢ€ non-standard, soprattutto in merito alla loro espansione e al loro effettivo utilizzo in moltissimi domini d’uso. Ad esempio, similmente a quanto si eĢ€ illustrato sopra per la situazione nigeriana, in Papua Nuova Guinea e nell’area Sud del Pacifico, il tok pisin (in pidgin a base lessicale inglese) eĢ€ attualmente impiegato nei media e in parlamento, proprio grazie alla sua presenza a livello nazionale. EĢ€ interessante notare, per evidenziare la valenza pratica della ricerca sul tema, come gli studiosi delle lingue pidgin e di creolistica abbiano avuto un ruolo attivo all’interno della pianificazione linguistica di questa e di altre parti di mondo. Ulteriori creoli che stanno gradualmente acquisendo un riconoscimento ufficiale si trovano ad Haiti, alle Seychelles, in Guinea-Bissau, nelle Antille Olandesi e nelle isole di Capo Verde. In questi paesi, studiosi di creolistica locali e stranieri si sono impegnati in progetti pratici atti a migliorare gli interventi educativi presso scuole, istituti privati e universitaĢ€, spaziando tra discipline descrittive e dinamiche, dalla lessicografia alla produzione di materiali didattici specifici (Holm, 2000).

Inoltre, nella letteratura dedicata agi studi acquisizionali sono individuabili varie linee di pensiero nei confronti del trattamento della diversitaĢ€ linguistica in classe. Ferguson (2003) ritiene che una delle piuĢ€ convincenti sia quella che non solo accetta il ricorso all’alternanza linguistica, ma anche incoraggia un aumento della consapevolezza del suo uso da parte dell’insegnante. Come ci illustra Arrigoni (2011, p. 27):

le motivazioni a sostegno di tale linea di pensiero sono principalmente due: da un lato, con il ricorso a piuĢ€ lingue in classe, gli apprendenti prendono consapevolezza del fatto che alternare due lingue eĢ€ una pratica comune e normale sia in classe che nelle comunitaĢ€ bilingui; dall’altro lato, si vuole sottolineare che l’alternanza di codice puoĢ€ essere un’utile risorsa comunicativa e un supporto alla comprensione del contenuto delle lezioni per gli studenti, mentre per gli insegnanti puoĢ€ costituire un aiuto per controllare il comportamento della classe e per mantenervi un buon clima.

Naturalmente, come abbiamo giaĢ€ potuto osservare nel capitolo precedente, il terreno fertile per la nascita di un pidgin eĢ€, appunto, una comunitaĢ€ plurilingue piuĢ€ o meno estesa. CioĢ€ significa che i repertori linguistici di riferimento di partenza sono particolarmente eterogenei e, – seguendo la definizione di repertoire di Blommaert e Backus (2013, Cfr. Cap. 3) – in seguito ai viaggi migratori dei soggetti, tali repertori si rivelano sempre piuĢ€ ampi e ricchi di risorse comunicative e strategie di compensazione. Simili strategie si manifestano durante le interazioni in classe, quando l’insegnante incoraggia gli studenti a trovare nuove vie per esprimersi, in tentativi sempre piuĢ€ precisi al fine raggiungere gradualmente – e in maniera simile a cioĢ€ che avviene nell’evoluzione di un pidgin – la lingua target.

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