2.2.2 Approcci pratici e possibili implicazioni formative
Similmente a quanto illustrato nel capitolo precedente, Siegel illustra le maggiori caratteristiche formali del pidgin delle Hawaiâi, luogo di riferimento per la sua ricerca, e ne presenta le potenzialitaÌ per poter integrare con un approccio multiculturale e multilinguistico i programmi educativi esistenti, riservati agli studenti della scuola pubblica. Alle Hawaiâi, lâimpostazione didattica dei programmi dedicati allâinsegnamento della lingua inglese eÌ diversa da quella messa in atto in Italia per lâeducazione dellâitaliano. Attraverso il lavoro di Siegel possiamo osservare la presenza di due moduli, chiamati rispettivamente accomodation programs e awareness programs. Il primo eÌ un modulo dedicato allâesercitazione attiva e allâesposizione passiva degli studenti allâinglese standard, mentre il secondo eÌ piuÌ incentrato sulle riflessioni metalinguistiche e sulla comparazione tra le differenti varietaÌ dellâinglese, tra cui il pidgin eÌ protagonista.
Questa differenza si riflette anche allâinterno del regolamento da seguire in classe. Per quanto riguarda il primo modulo citato, gli insegnanti conducono le lezioni interamente in inglese standard e sono accettati gli interventi riflessivi in non-standard, mentre le produzioni in sede di esame sono valutate in base ai criteri della lingua standard. Nel secondo modulo, invece, anche gli insegnanti sono autorizzati a usare il pidgin in classe, in nome del principio di solidarietaÌ linguistica e comunitaria richiamato da Yiakoumetti e Mina (2013). Questo utilizzo regolamentato e consapevole â sia da parte degli insegnanti, sia da parte degli studenti â ottiene ottimi risultati soprattutto per quanto riguarda la consapevolezza della diversitaÌ linguistica raggiunta dagli studenti. Tale consapevolezza poi si manifesta in scelte linguistiche corrette â da parte degli studenti â a seconda del dominio dâuso e delle funzioni che il contesto richiede. Inoltre, la varietaÌ non-standard non eÌ stigmatizzata e il suo uso non eÌ punito, cosiÌ da permettere un gradevole svolgimento delle lezioni. Anzi, gli studenti â come affermano anche Yiakoumetti e Mina (2013) per il caso di Cipro â sono incoraggiati ad esprimersi correttamente e a loro agio nella lingua target. Per cui possiamo affermare che lâutilizzo del pidgin in classe sia una risorsa per gli obbiettivi didattici, nonostante il focus delle lezioni resti comunque la lingua target.
Anche se il nostro interesse, qui, non appare direttamente rivolto alla dimensione pubblica dellâistruzione, per la quale sarebbe necessaria una trattazione molto piuÌ estesa e il riferimento al solo pidgin nigeriano non basterebbe a colmare le esigenze di comprensione della differenza linguistica tra i banchi di scuola; crediamo che le affermazioni riportate dallo studioso americano â per il caso delle Hawaiâi â non differiscano grandemente dal nostro oggetto di studio.
Per dimostrare come sia possibile mettere in pratica tutto questo, illustreremo un altro esempio tratto da una classe di lingua italiana L2 dedicata a richiedenti asilo, a Bologna. La classe di riferimento, in questo caso, era composta solamente da apprendenti di origine nigeriana. Il focus della lezione era quello che Siegel (2006, p. 58) descrive come un compito interazionale dove: «teachers may utilize their students own interactional patterns and stories for teaching the standard». Lâimmagine 2.2, qui, raffigura la struttura dellâinput interazionale dato dallâinsegnante, affincheÌ fosse possibile attivare una conversazione in lingua, tra tutti gli studenti, riguardo ad alcune delle loro attivitaÌ preferite, in questo caso guardare film nollywoodiani. LâattivitaÌ era intesa per dare uno stimolo alle conversazioni in lingua, facendo in modo che il contenuto delle interazioni vertesse sulle conoscenze e sulle narrazioni culturali proprie della classe, nel rispetto del contesto multilingue presente.

Nellâimmagine proposta eÌ possibile immediatamente notare che la lavagna presenta due livelli di interpretazione. La parte in alto introduce le traduzioni in inglese, in pidgin e in italiano del titolo di un film di Nollywood in lingua edo: na ti eyo (âla persona che loro chiamanoâ); mentre la parte in basso presenta uno stimolo per cominciare a descrivere il film. Successivamente sono state introdotti altri elementi linguistici per proseguire nella descrizione e per attivare una vera e propria discussione tra tutti i presenti sullâofferta cinematografica nollywoodiana.
Edo (nomi alternativi: Benin; Bini; Addo; Oviedo; Ovioba): eÌ una lingua volta-niger parlata da circa un milione di parlanti in Edo State, al Sud della Nigeria. [Fonte: Ethnologue]
Tale attivitaÌ non era in realtaÌ prevista per la lezione specifica, ma eÌ stata co-costruita a partire da un rimprovero dellâinsegnante nei confronti di una studentessa intenta a guardare il proprio telefono con piuÌ trasporto di quanto fosse considerato lecito dallâinsegnante, durante una lezione di lingua. Il docente, visto che comunque la giornata prevedeva una lezione con un forte focus sulla descrizione, ha deciso di ricalibrare il tema su quanto stava effettivamente accadendo in classe, attivando immediatamente un pattern interazionale (i.e. âcosa guardi?â). La studentessa, convinta che sarebbe stata sanzionata in qualche modo per la sua disattenzione, ha in realtaÌ posto le basi per lâattivitaÌ e si eÌ rivelata estremamente partecipativa, coinvolgendo altri studenti nella descrizione del film.
Le conversazioni erano dunque tenute dagli studenti interamente in italiano, mentre le riflessioni o le domande di chiarimento erano permesse in pidgin, per rispetto degli altri studenti â non tutti erano parlanti di edo, ma soprattutto di yoruba e igbo â oltre che dellâinsegnante. Alla fine della lezione, il docente ha fatto presente che ogni studente aveva avuto modo di parlare in italiano di una serie di film nigeriani conosciuti parzialmente da ciascuno dei partecipanti, restituendo cosiÌ alla classe gli obbiettivi raggiunti.
Storie, narrazioni e lingue â durante la lezione â si sono incontrate per raggiungere alcuni obbiettivi acquisizionali comuni; nello specifico, lo sviluppo e la messa in pratica di: competenze dialogiche in L2, lessico ed espressioni conversazionali in L2 utili in moltissimi domini dâuso, capacitaÌ descrittive di vicende avvenute nel passato, sempre nella L2 â a partire dalla lingua edo, passando per lâinglese standard, il pidgin e infine lâitaliano.
In conclusione, la messa in atto di una prospettiva multilingue, come riporta De Oliveira (2014, p. 265), potrebbe far porre â in maniera preliminare â molti quesiti:
When we read the phrase âlanguage teaching,â we may think of the questions, Which language? What is language? How is this particular language being taught? Who are the students being taught? Who is the teacher? What are the relationships between teacher and students? What is the language focus? What skills are being taught? Where is the language taught, in the classroom or in other contexts?
Queste sono solo alcune delle domande a cui rivolgere le nostre risposte, come insegnanti e come studiosi di didattica ed educazione linguistica. PoicheÌ, come vale la pena di ricordare:
Language is an invaluable and irreplaceable gateway to a person's culture, heritage and traditions. It is for this reason that it should be respected, valued and promoted. The power of the school as a means of linguistic and cultural reinforcement should not be underestimated. Because teachers ultimately hold a great deal of both power and responsibility, it is paramount that they are empowered to carry out their task optimally. Re-invigorating teacher- training programmes in linguistic diversity does not only result in the promotion of linguistic and cultural enrichment. Teachers have a very pragmatic task: to educate and prepare people who can function meaningfully and successfully in their community. Language-training programmes for teachers should thus be realistic and practical. If these programmes are ill-considered, they will fail to produce teachers who have the understanding and tools to cope with the gigantic task of preparing learners for real life. (Yiakoumetti, 2011, p. 210)
TRADUZIONE âLa lingua eÌ unâincommensurabile porta di accesso alla cultura, alle tradizioni e allâereditaÌ di una persona. EÌ per questo motivo che bisognerebbe rispettarla, promuoverla e darle valore. Il potere della scuola come strumento di rinforzo linguistico e culturale non deve essere sottostimato. PercheÌ, recentemente, gli insegnanti detengono un bel fardello di potere e responsabilitaÌ, eÌ importantissimo che essi siano formati a portare avanti ottimamente questo compito. Ri-invigorire i programmi formativi per gli insegnanti sulla diversitaÌ linguistica non risulta soltanto in una promozione dellâarricchimento linguistico e culturale. Gli insegnanti hanno un compito estremamente pratico: educare e preparare le persone che possono dimostrarsi significativamente utili e di successo nella propria comunitaÌ. I programmi di formazione linguistica per gli insegnanti dovrebbero percioÌ essere pratici e realistici. Se tali programmi dovessero essere mal considerati, falliranno nel produrre insegnanti dotati dei mezzi per capire e gestire lâenorme compito di preparare gli apprendenti alla vita vera.â
Yiakoumetti riconosce una grande responsabilitaÌ degli insegnanti e degli interventi di educazione linguistica nei confronti della societaÌ e delle comunitaÌ che la compongono. Ignorare o non considerare la sfida che il mondo odierno pone a chi vive il mondo dellâistruzione, da una parte come dallâaltra, significa non riconoscere la realtaÌ contemporanea. Significa, piuÌ precisamente, ridurre e semplificare il mondo e percepirlo come unâentitaÌ divisibile in un ânoiâ e âloroâ. Dove ânoiâ sta per tutto quello che sappiamo riconoscere e di cui conosciamo il valore, mentre âloroâ sta per cioÌ di cui abbiamo rappresentazioni semplicistiche, essenzialiste â se non addirittura fuorvianti â per cui il problema del valore rimane ancora una questione aperta.
Le migrazioni, inoltre, offrono nuove sfide alle societaÌ di oggi. Ad esempio, come insegnare allo âstranieroâ il valore della ânostraâ societaÌ senza toglierne alla âsuaâ? O meglio, come si puoÌ insegnare a parlare con rispetto verso una cultura e i suoi membri, senza fare prima lo stesso passo e mostrarsi consapevoli e competenti nei confronti delle culture di origine delle persone con cui si lavora?
Probabilmente questi sono solo alcuni tra gli interrogativi a cui la ricerca contemporanea e la pratica didattica dovranno rispondere al fine di trovare soluzioni efficaci, condivise e scientificamente fondate. Vero eÌ anche il fatto che, per quanto riguarda lâitaliano come lingua seconda, molto lavoro eÌ giaÌ stato fatto sul tema della multiculturalitaÌ e dellâinterazione interculturale. Nonostante la letteratura accademica globale abbia giaÌ affrontato lâargomento da molti punti di vista â come abbiamo giaÌ accennato â, ora si attendono le ricadute pratiche per quanto riguarda la formazione dedicata agli insegnanti, lâimplementazione delle prassi didattiche e una revisione dei materiali connessi alle attivitaÌ di educazione linguistica e di insegnamento delle lingue seconde.
Infatti, come vedremo nel prossimo capitolo, nuove utili nozioni da mettere in campo sono state studiate dai ricercatori â in una rinnovata ottica multidisciplinare della materia linguistica â e si possono rivelare di grande beneficio per affrontare tali sfide con gli strumenti adeguati. Tra queste, vedremo la nozione di repertoire e superdiversity, come presentate da Blommaert e Backus (2013). Riteniamo che simili nozioni possano rappresentare strumenti validi per cominciare a lavorare adeguatamente a uno studio piuÌ approfondito delle interazioni in classe e delle risorse didattiche/comunicative a disposizione in un contesto di acquisizione linguistica guidata multiculturale, multilingue, âmultirepertorioâ e âsuperdiversoâ come potrebbe essere la classe di italiano dedicata a richiedenti asilo e rifugiati.
Last updated
Was this helpful?