1.2.1 La nascita del pidgin: da gergo a lingua

Per capire meglio lā€™evoluzione e la differenziazione dei pidgin in Africa occidentale, eĢ€ opportuno illustrare le dinamiche che coinvolgono la stabilizzazione e lā€™espansione di queste lingue.

Nel processo della nascita di un pidgin, eĢ€ riscontrabile una fase iniziale in cui la lingua resta a uno stadio gergale per lā€™uso esclusivo di un certo tipo di persone. A tal proposito, nel cominciare a descrivere il processo di trasformazione e stabilizzazione del gergo in pidgin, in particolare per quanto riguarda la Nigeria, Turchetta (2009, p. 37) scrive che:

solo il sistema coloniale, impiantato dagli Stati europei a partire dalla seconda metaĢ€ del XIX secolo, concepiĢ€, anche se non diffusamente, un sistema di istruzione rivolto alle popolazioni native. Gli inglesi furono in questo assai piuĢ€ attenti di francesi, portoghesi e belgi, che, diversamente da loro, non attuarono mai una politica di diffusione della propria lingua attraverso lā€™alfabetizzazione. Bisogna sottolineare che i contatti con gli europei fino alla metaĢ€ del XIX secolo si limitarono al rapporto con equipaggi di navi in transito, commercianti e rappresentanti delle compagnie marittime europee, tipologie di individui con competenze variabili delle proprie lingue materne e certamente spesso lontane dai canoni dei modelli linguistici colti.

Tale lontananza dal canone linguistico colto dei soggetti scatenanti il contatto linguistico, illustrerebbe come grazie ad unā€™altissima frequenza degli scambi commerciali ā€“ e conseguentemente linguistici ā€“ lungo le rotte mercantili verso lā€™Africa e verso le Americhe tali fenomeni di acquisizione si manifestino anche in contesti non guidati. Verosimilmente, tali processi sociali e linguistici si potrebbero leggere in maniera trasversale anche in epoche e in luoghi diversi da quelli tradizionalmente riconosciuti come privilegiati per la nascita di lingue di contatto.

Un gergo si caratterizza per la fluiditaĢ€ che lo connota, non solo da un punto di vista lessicale, ma anche stilistico. Quando un determinato gruppo sociale sceglie come linguaggio settoriale un gergo, questo saraĢ€ condotto a trasformarsi ogni volta che quel gruppo sociale subiraĢ€ un qualche processo di cambiamento. La fluiditaĢ€ eĢ€ quindi la caratteristica peculiare che accomuna qualunque gergo ed eĢ€ la stessa delle lingue di contatto nella loro prima fase di vita, che eĢ€ appunto una fase gergale.

Per quanto riguarda la sua struttura, un gergo eĢ€ caratterizzato da un inventario ridotto di fonemi, una struttura sillabica di due tipi (CV e CVC)*, una morfosintassi regolata da principi pragmatici e una quasi totale assenza di norme sintattiche; da un punto di vista tipologico, si presenta come lingua isolante, quasi totalmente priva di morfologia grammaticale (Turchetta, 2009). Lā€™insieme di queste caratteristiche fa siĢ€ che spesso i gerghi vengano considerati come lingue prive di grammatica, con una forte interferenza, soprattutto da un punto di vista lessicale, da parte delle lingue di sostrato.

*Indicazioni per la lettura C e V si intendano, rispettivamente, per consonante e vocale. Tale struttura eĢ€ riscontrabile come tratto peculiare anche delle lingue pidgin, particolarmente in fasi di riadattamento fonologico del lessico proveniente dalla lingua lessificatrice.

Una lettura di tali aspetti, meno legata al contesto storico, consente di analizzare il fenomeno e ancora una volta Turchetta (2009, p. 34) ci aiuta a osservarne le conseguenze nellā€™esito di un contatto iniziale. Lā€™autrice prende in esame tre diverse condizioni comunicative, nellā€™insieme delle situazioni sociali e culturali connesse ad aree specifiche:

  1. la necessitaĢ€ dello scambio comunicativo tra gruppi di individui parlanti lingue materne diverse, dove ciascun gruppo puoĢ€ avere dimensioni e ruoli sociali analoghi o diversi dallā€™altro (contatto e nascita di un gergo);

  2. lā€™impossibilitaĢ€ da parte di uno dei gruppi di attingere con rapiditaĢ€ alla lingua dellā€™altro, escludendo cosiĢ€ eventuali percorsi di apprendimento linguistico, caratterizzato da una varietaĢ€ di riferimento e favorito dal gruppo per il quale la lingua in apprendimento sarebbe lingua materna. La tipica condizione delle interlingue in contesti migrati nellā€™Europa contemporanea prevede una relazione diretta con la lingua bersaglio, altrimenti assente in un contesto comunicativo che non vede gli individui integrarsi in una comunitaĢ€ di accoglienza (mancato accesso a una lingua bersaglio);

  3. lā€™esigenza di scegliere una varietaĢ€ linguistica socialmente e culturalmente non marcata, eventualmente caratterizzata dallā€™acquisire prestigio in ristretti domini dā€™uso o comunque dal rappresentare strumento comunicativo efficace in ristretti domini dā€™uso, condivisi da due o piuĢ€ gruppi di parlanti. Come conseguenza di tale scelta, la lingua che acquisisce prestigio si diffonde come lingua seconda e raggiunge un numero di parlanti superiore a quello che la vede in uso come lingua materna. Il diffondersi della lingua da parte dei parlanti bilingui non la conduce peroĢ€ a espandersi nei domini dā€™uso. Nel caso si verifichi una espansione della lingua veicolare nellā€™uso preponderante, si innesca un processo di erosione linguistica della L1 dei parlanti bilingui che conduce, nella L2, alla creolizzazione di un pidgin o alla crescita di una lingua di maggioranza a discapito di una lingua di minoranza (contatto e preponderanza nellā€™uso di una lingua seconda).

Laddove una lingua di contatto ancora in fase gergale cominci ad assumere gradualmente un insieme di norme socialmente accettate, grazie alla sua natura acquisizionale anche a livello sociale (Mather, 2006), si verifica un processo di stabilizzazione della lingua che conduce a un pidgin. La variazione libera, lā€™inconsistenza grammaticale, la stretta necessitaĢ€ di un contesto pragmatico per la disambiguazione del significato degli enunciati cedono terreno a una maggiore regolaritaĢ€ delle strutture morfologiche e sintattiche.

Componente essenziale della stabilizzazione di un pidgin eĢ€ la crescita di strutture grammaticali indipendenti da quelle delle lingue lessificatrici e per tale motivo, in unā€™ottica di crescita strutturale, eĢ€ necessario abbandonare definitivamente la posizione filogenetica, che vedrebbe i pidgin come varietaĢ€ delle loro lingue lessificatrici o di sostrato (Turchetta, 2009).

Cercheremo di dare piuĢ€ valore a queste affermazioni, dimostrando la marcata dipendenza dal contesto della fase gergale. Tale necessitaĢ€ di disambiguazione del significato attraverso il contesto eĢ€ da imputare ai modelli pregrammaticali che strutturano, o meglio, che mancano di strutturare le produzioni linguistiche di questa fase instabile, per lā€™assenza di morfologia grammaticale e di costruzioni sintattiche complesse.

In un lavoro dedicato allā€™importanza del contesto nello studio dei fattori pragmatici della comunicazione, Givon (1989) traccia il quadro di alcune delle caratteristiche di una lingua che, lasciando gradualmente la fase gergale, resta fortemente legata al contesto extralinguistico ma si spinge verso una regolarizzazione di norme morfologiche e sintattiche, equivalente a una crescita di complessitaĢ€. Si tratta di passaggio non immediato e brusco come come una schematizzazione dei suoi tratti ā€“ v. tabella 1.2 ā€“ puoĢ€ far intendere, ma piuttosto di un continuum evolutivo entro cui si possono riscontrare diverse varietaĢ€ di una lingua di contatto.

Da un simile ragionamento eĢ€ possibile osservare che la crescita di un pidgin avviene in maniera non dissimile allā€™acquisizione di una lingua seconda, bencheĢ a livello sociale. A partire da questa posizione, su cui ci soffermeremo meglio nel prossimo capitolo, si puoĢ€ individuare una relazione strettamente intima tra pidginizzazione di una lingua di contatto e acquisizione linguistica (Mather, 2006) tale che, nel panorama degli studi sulle lingue di contatto, diventa altrettanto plausibile riferirsi al concetto di interlingua per spiegarne lā€™evoluzione e la crescita grammaticale.

Per riflettere maggiormente sulle implicazioni di quanto esposto, richiamiamo uno studio interessante di Labov (1990), nel quale lā€™autore ha presentato lo sviluppo della temporalitaĢ€ nei pidgin, in relazione al necessario contesto pragmatico nelle loro fasi iniziali, a cui riconosce un valore fortemente iconico. Basandosi sulla comparazione tra i sistemi temporali del verbo in diverse lingue pidgin e creole (tra cui il Melanesian Pidgin English e il creolo delle Hawaii), Labov aveva individuato una tendenza allā€™uso iconico della temporalitaĢ€ nelle espressioni di quei parlanti per i quali la lingua di contatto non aveva raggiunto una fase grammaticale. Labov stesso, sempre allā€™interno del medesimo lavoro, provvede a fornire una definizione di ā€œnarrazione iconicaā€, in relazione alle caratteristiche di una lingua di contatto in fase gergale (Labov, 1990, p. 52, n 16):

The basic discourse rule which defines narratives as one means of recapitulating past experience states that: if a narrative clause with a preterit head Ni follows another narrative clause with a preterit head Ni-j then it is asserted that Ni occurred after Ni-j in the original semantic interpretation.

Riprendendo Labov, una lingua in fase gergale tende a presentare gli eventi secondo un asse cronologico, segnalando allā€™inizio cioĢ€ che eĢ€ avvenuto prima. La temporalitaĢ€, nella fase quindi pregrammaticale, eĢ€ indicata attraverso lā€™esposizione sequenziale degli eventi, mentre solo nella fase successiva di stabilizzazione di un pidgin (fase grammaticale), possiamo incontrare una morfologia giaĢ€ strutturata, in forma di marche preposte al verbo, generalmente grammaticalizzata da verbi o avverbi (Turchetta, 2009).

Tale meccanismo procede piuĢ€ o meno al modo di uno studente di lingua che comincia ad organizzare le proprie produzioni, cioeĢ€ partendo da unā€™esposizione degli eventi completamente paratattica e dipendente dal contesto, presentando cioĢ€ che accade nellā€™ordine di successione logico e tendenzialmente limitandosi allā€™uso del verbo al presente. Gradualmente, passando attraverso vari stadi di interlingue che evolvono una nellā€™altra, lā€™apprendente saraĢ€ capace di fare riferimento, come risorse linguistiche, ai morfemi grammaticali e alle costruzioni sintattiche in grado di aiutarlo a esprimersi e farsi intendere. La rinnovata capacitaĢ€ espressiva e un significativo ampliamento del lessico che si acquistano con lo studio e una pratica costante, portano lo studente in questione a sentirsi piuĢ€ abile, guadagnando in velocitaĢ€ locutiva (i.e. fluency) e nella capacitaĢ€ di riferirsi a eventi, entitaĢ€ e persone anche scollegate dal contesto comunicativo stretto, affidando la propria narrazione al supporto di una complessitaĢ€ grammaticale crescente. In maniera simile, la societaĢ€ in cui una lingua di contatto di sviluppa cerca di conquistare la capacitaĢ€ di intendersi ed esprimersi, attraverso lā€™uso sempre piuĢ€ efficace e grammaticalmente preciso delle interlingue di ogni singolo membro.

Seguendo il percorso di evoluzione di un gergo in pidgin e, successivamente, di stabilizzazione ed espansione di un pidgin in creolo, si puoĢ€ analizzare il mutamento strutturale di una lingua di contatto, come emerge nello schema presentato da Turchetta (2009, p. 47), di cui alla figura 1.2.

Ad una prima analisi, le fasi principali di questo mutamento appaiono evidenti lungo il percorso di crescita. La creolizzazione eĢ€ dunque un processo successivo alla pidginizzazione di una lingua di contatto. La differenza sostanziale non eĢ€ tanto da imputare alla struttura stessa della lingua, quanto alla marcatezza sociolinguistica di cui essa gode nel territorio e tra la comunitaĢ€ dei parlanti (assi diatopico e diastratico).

Quando un pidgin espanso diventa fondamentalmente una L1 per una comunitaĢ€ di parlanti che ne amplia i domini dā€™uso e ne permette lā€™insegnamento ai bambini, siamo di fronte a un creolo. Alcuni esempi sono riscontrabili nel creolo di Giamaica, nel giaĢ€ citato Krio della Sierra Leone, nel creolo di Haiti e tanti altri, sui quali la letteratura specialistica ha giaĢ€ prodotto una buona quantitaĢ€ di materiale per diffondere la conoscenza di queste lingue e descriverne origini e strutture.

In questo senso, evidenze che attestano la stabilizzazione del Nigerian Pidgin English sono riscontrabili solo in tempi recenti. Un dato importante eĢ€ sicuramente la sua espansione; fonti scientifiche attestano che attualmente sono rilevabili circa 75 milioni di parlanti di NPE (cfr. Faraclas, 2013), diversamente dai 30 milioni registrati nellā€™archivio di Ethnologue (2005). Il fatto che in meno di dieci anni la popolazione dei parlanti NPE sia piuĢ€ che raddoppiata eĢ€ indice di unā€™espansione di dimensioni notevoli, sia per quanto riguarda il breve tempo trascorso da unā€™analisi alla successiva che per quanto riguarda il numero di parlanti. Una lingua in stato gergale e pregrammaticale difficilmente puoĢ€ rappresentare un tale punto di riferimento per una cosiĢ€ vasta comunitaĢ€ di parlanti. Nella tabella 1.3 (v. pagina successiva) riportiamo quanto attestato nel capitolo dedicato al Nigerian Pidgin English nellā€™Atlas of Pidgin and Creole Language Structures Online (2013) , a cura di Faraclas.

Per piĆ¹ informazioni: http://apics-online.info/surveys/17 o http://apics-online.info/contributions/17 (ultima visita 22/07/2018)

Nel prossimo paragrafo, vedremo nel dettaglio lā€™evoluzione specifica del NPE e ne illustreremo le strutture che piuĢ€ lo caratterizzano. Vedremo inoltre, nel paragrafo successivo (Cfr. le implicazioni socioculturali del NPE nella societaĢ€ nigeriana contemporanea e quali sono stati i processi che hanno aiutato la lingua a diventare un punto di riferimento cosiĢ€ importante, sia per i nigeriani in patria che per quelli espatriati, per i ricchi e per i poveri, per chi ha beneficiato dellā€™istruzione pubblica e privata e anche per chi non ha potuto godere di questo privilegio.

Chiaramente, queste diversitaĢ€ a livello sociale hanno fatto siĢ€ che, nel tempo, il pidgin nigeriano si evolvesse contemporaneamente a piuĢ€ livelli. Queste differenze sono conosciute con i termini: ā€˜basilettoā€™ per le varietaĢ€ base della lingua di contatto, quelle a cui fa riferimento la popolazione non scolarizzata; ā€˜mesolettoā€™ per una varietaĢ€ mediana; ā€˜acrolettoā€™ per la varietaĢ€ che possiamo definire ā€œaltaā€, spesso parlata dalla popolazione che ha ricevuto unā€™istruzione e che puoĢ€ quindi annoverare nel proprio repertorio anche lo standard. Tale conoscenza dello standard si riflette nella maniera di utilizzare il pidgin, a livello lessicale, strutturale e funzionale.

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