3.2 Il contesto della ricerca

Le persone coinvolte all’interno di queste classi si trovano a studiare fianco a fianco con i propri vicini di confine. Lingue, identità e culture sono incorporate negli individui, concretamente “sedute” le une vicine alle altre. A partire da un contesto così caratterizzato, e dalla compresenza di varietà linguistico-simbolico-culturali, si condivide lo scopo ultimo che è l’acquisizione dell’italiano L2, come lingua target.

Bisogna considerare un altro fattore: le classi di italiano prese a riferimento per la nostra ricerca fanno parte del programma di educazione linguistica e civica afferente alle attività previste dall’ente che gestisce il percorso di accoglienza. Il corso di lingua italiana è, infatti, uno dei numerosi interventi messi in campo all’interno dei progetti di inclusione dei cittadini di paesi terzi. Questo significa che molti degli studenti, oltre a condividere la classe, condividono spesso anche la casa. Le conflittualità latenti di cui al paragrafo precedente ritornano a dover essere prese in esame. La gestione dell’accoglienza (v. Cap.3), prevede l’assistenza delle persone in base alle diverse aree di intervento stabilite nei progetti ministeriali: abitativa, legale, sanitaria, educativa, lavorativa. È all’interno di uno schema operativo più ampio, comprensivo di tutte le attività previste durante il progetto di accoglienza, che si inseriscono i corsi di italiano, collocandosi, pertanto, in un contesto molto particolare. Non si può prescindere da quest’ultimo se si vuole comprendere appieno la struttura e la fisionomia delle classi. Il legame tra la classe di italiano e il centro di accoglienza potrebbe non apparire evidente. Eppure, è di fondamentale importanza.

Per la stesura del presente lavoro e per la raccolta del materiale audio di cui parleremo più avanti nel dettaglio, si fa qui riferimento alle attività e alle lezioni dell’Associazione Mondo Donna Onlus di Bologna. L’associazione prevede una intera area di intervento riservata all’italiano come lingua seconda e all’attivazione di buone pratiche di integrazione linguistica, culturale e sociale. Gli insegnanti dedicati agli interventi educativi sono quattro e gli ospiti in seno all’associazione, distribuiti in circa una ventina di strutture di accoglienza, sono divisi in classi per livelli di competenza, per un totale di circa 170 studenti. Il corso di italiano è proposto da parte degli operatori di struttura come una delle obbligazioni inserite tra le clausole del contratto di accoglienza.

Le regole per beneficiare dell’assistenza (legale, abitativa, sanitaria, etc.) sono presentate sotto forma di un contratto che il richiedente asilo firma alla data di ingresso nella struttura di accoglienza. Tra queste, risulta l’impegno di frequentare i corsi di lingua italiana proposti internamente e/o all’esterno dell’ente gestore, presso le scuole presenti sul territorio. Non rispettare questa obbligatorietà risulta in un richiamo disciplinare. Un altro dato importante è il fatto che sia prevista la sospensione del diritto all’accoglienza per coloro che ricevono un totale di tre richiami disciplinari. Tale richiamo, sotto forma di lettera ufficiale, può essere consegnato anche per altre motivazioni legate al non rispetto delle regole stipulate nel contratto di accoglienza: dalle regole di convivenza nel centro, all’assunzione e al consumo di stupefacenti o alcolici. Un simile sistema, probabilmente, non risulta tra i più incoraggianti possibili, e, in una certa misura, appare come sintomo di un approccio darwiniano in seno a una istituzione pubblica che deve avere dei criteri di accesso e di recesso per i servizi offerti, in modo da garantire l’erogazione di questi ultimi in maniera più o meno democratica.

Come indicatore del fatto che questi servizi siano effettivamente messi in campo dagli enti gestori, la pubblica amministrazione, nelle veci della Prefettura, controlla periodicamente i registri delle presenze per verificare il procedere delle attività e il tasso di partecipazione da parte degli ospiti dei centri di accoglienza.

Per quanto riguarda le strutture e gli ospiti all’interno del progetto CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). La pubblica amministrazione gestisce in maniera differente il progetto SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), senza il controllo diretto della prefettura sulla gestione dei fondi e delle attività.

Ogni ospite viene ‘responsabilizzato’ all’osservanza del proprio dovere tramite la firma del registro presenze mensile, compito da assolvere anche in riferimento alle altre cosiddette ‘erogazioni’: quote di denaro giornaliere chiamate ‘pocket money’, vitto e prodotti per l’igiene personale. Attestare con una firma l’essere presenti in un compito formativo e simultaneamente firmare la fornitura di prodotti per l’igiene personale crea un accostamento singolare che si presta a facili implicazioni retoriche, estranee tuttavia ai nostri scopi analitici, se non per indicare un dettaglio di contesto, solo apparentemente irrilevante.

Anticipato, a grandi linee, lo sfondo generale in cui si innesta l’intervento dedicato propriamente all’insegnamento e apprendimento della lingua italiana, consideriamo più nello specifico l’offerta didattica della scuola di italiano. Le classi variano a seconda dei livelli di competenza degli apprendenti, dalla letto-scrittura a un livello intermedio, identificati, rispettivamente, tra i livelli di competenza A0/preA1 e B1, secondo il Quadro Comune Europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER).

QCER: Conosciuto anche come Common European Framework of Reference for Languages (CEFR), talvolta indicato semplicemente come Framework.

Gli studenti sono iscritti di default al corso di italiano di base, a meno che non dimostrino eventuali competenze pregresse ottenute durante precedenti esperienze scolastiche in Italia o nel paese d’origine. In tal caso gli insegnanti valutano in quale classe sia meglio inserire la persona in questione, attraverso un colloquio individuale. L’iscrizione avviene in casa, durante un colloquio con l’operatore di riferimento, generalmente entro una settimana dalla data di ingresso nel sistema di accoglienza.

Questa introduzione alle modalità della scuola dell’associazione e dell’accoglienza in generale è funzionale allo studio del contesto in cui questa ricerca si inserisce. Chiaramente, le classi rispecchiano la varietà delle persone accolte nei centri, soprattutto per quanto riguarda la provenienza o la lingua. Come abbiamo visto nel Cap. 1, la maggior parte delle persone ospitate nei centri di accoglienza risultano essere di origine nigeriana. Normalmente, i soggetti nigeriani sono considerati pienamente anglofoni, anche se abbiamo potuto osservare che in Nigeria la diversità e la variazione linguistica sono endemiche ed estremamente diffuse, oltre ad alcune delle implicazioni connesse a tale considerazione. Non è raro incontrare membri del personale assunto dagli enti che gestiscono l’assistenza di queste persone ai quali il modo di parlare ‘inglese’ dei nigeriani non è comprensibile. Questo non solo è un aspetto curioso, ma alle volte può rivelarsi problematico, poiché il misunderstanding con l’utenza è di facile realizzazione quando i lavoratori non sono adeguatamente formati. All’interno dell’associazione Mondo Donna, mediatori culturali sono spesso chiamati in campo per assicurare una buona comunicazione tra i soggetti coinvolti.

Uno studio delle interazioni durante la classe di italiano, potrebbe rivelare alcuni degli aspetti propri dell’approccio translinguistico e potrebbe essere utile per comprendere come determinate strategie comunicative siano più o meno efficaci in determinati contesti. Infatti, nelle interazioni in esame in questa sede, il tema della ‘casa di accoglienza’ occorre spesso e volentieri nelle narrazioni degli studenti. Il ruolo dell’insegnante nei confronti di tale tema è spesso ambiguo, poiché comprensibilmente risulta come una figura ‘altra’ rispetto all’operatore con cui interagire ogni giorno per questioni pratiche, ma contemporaneamente lavora in parallelo con l’operatore e l’associazione per assicurare un buono svolgimento della didattica. Senza una buona relazione tra gli studenti e l’insegnante, senza un lavoro di squadra tra il personale dell’associazione (operatori di struttura e insegnanti, in particolare), non sarebbe possibile prevenire la dispersione scolastica o l’abbandono dei corsi da parte degli studenti, fenomeno preoccupante e dalle conseguenze infauste per la garanzia dell’accoglienza nei confronti degli individui. Perciò il ruolo della ‘casa’ risulta forte, per gli studenti come per l’insegnante.

Uno degli asset positivi di una didattica culturalmente sensibile e tendente al riconoscimento della superdiversità delle identità coinvolte in questi particolari contesti educativi è, come abbiamo visto precedentemente, la costruzione di un senso di fiducia/solidarietà tra l’insegnante e gli apprendenti. Tale approccio risulta andare controcorrente rispetto al rischio di perdita dell’identità individuale che si corre all’interno di un’istituzione totale come l’accoglienza.

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