2.1.3 Educazione linguistica e immigrazione, verso un approccio anti-essenzialista
Nel percorso di migrazione di moltissimi degli studenti considerati in questo nostro studio, la pressione verso una comunicazione forzata e non supportata da competenze acquisite eĚ allâordine del giorno. Lâesigenza di una lingua capace di sopperire anche solo alla funzione comunicativa, qui, eĚ massima. Attraverso il sistema assistenziale dellâaccoglienza, la quantitaĚ di occasioni per sperimentarsi con la lingua e per ritrovare il contesto necessario a risvegliare simili processi acquisizionali individuali, eĚ, nella generalitaĚ dei casi, minima. Le situazioni comunicative piuĚ complesse sono mediate in continuazione da altre persone, competenti sia nella L1 che nella lingua target (i.e. mediatori ed operatori dellâaccoglienza); persone quindi perfette a cui demandare la propria responsabilitaĚ comunicativa, integrativa ed espressiva (i.e. i tre punti fondamentali nellâanalisi delle funzioni linguistiche, Smith, 1971). CioĚ comporta una considerevole lontananza psicologica e funzionale dalla L2 da parte delle persone che qui consideriamo apprendenti.
Il panorama degli studi sulla motivazione e sui fattori socio-psicologici legati allâacquisizione linguistica eĚ in continua espansione.
Per alcuni studi etnografici sullâapprendimento L2, sui fattori storico-sociali legati al dominio e alle relazioni di potere che limitano le scelte linguistiche degli apprendenti, cfr. (Peirce, 1995; Mc Kay e Wong, 1996; Norton, 2000).
Allo stesso modo, lo eĚ la quantitaĚ di studi sulle ideologie linguistiche e le loro conseguenze determinanti nellâacquisizione di una L2 da parte di un individuo o di un gruppo di persone (cfr. Rampton 1991, 2008). Lâimpegno degli studiosi nel descrivere simili fenomeni eĚ di enorme aiuto per chi si approccia allâinsegnamento della L2 in un contesto di migrazione istituzionalizzato, strutturato e controllato come lâaccoglienza italiana. Non si puoĚ ignorare lâideologia linguistica alla base degli interventi di lingua italiana ed educazione civica dedicati a richiedenti asilo e rifugiati residenti in Italia, ma su questo argomento torneremo in seguito (Cfr. 2.2.1).
Potrebbe essere interessante rilevare il fatto che molte di queste persone siano state socializzate al linguaggio attraverso una lingua madre pidgin, al fine di studiarne il funzionamento per migliorare, se possibile, questi interventi di educazione linguistica, evitando approcci essenzialisti o assimilazionisti, evitando in sostanza quella che Chimamanda Ngozi Adichie chiama single story, cioeĚ una rappresentazione univoca della realtaĚ, incapace di rendere conto della complessitaĚ allâinterno della classe e delle effettive competenze pregresse degli studenti, percioĚ essenzializzante. Tale affermazione vuole essere critica soprattutto per quanto riguarda lâapproccio qui evidenziato allâinterno dei sopracitati programmi educativi; non si intende criticare la globalitaĚ degli interventi e nemmeno minimizzarne lâimportanza. Si vuole, piuttosto, esaminare con attenzione le pratiche reali di educazione linguistica confrontandole con quanto avviene naturalmente in contesti di acquisizione non guidata. Certamente, il tema della motivazione di chi apprende eĚ centrale in questo discorso e si prova qui a dimostrare come una considerazione maggiore delle varietaĚ non-standard possa potenzialmente apportare alcuni benefici nei termini dellâacquisizione della lingua target (i.e. lâitaliano L2 per la popolazione immigrata proveniente, in particolare, dalle regioni africane dove il pidgin eĚ una realtaĚ linguistica accertata).
A questo proposito, eĚ opportuno citare le parole di Mather (2006, p. 246), il quale ha ampiamente discusso i fenomeni della pidginizzazione e della creolizzazione come manifestazioni di acquisizione di lingua seconda, a livello individuale e sociale:
By definition, the target of second language acquisition is the L2, even though the end product is often a fossilized interlanguage instead of the full L2. The learner is encouraged in his/her acquisition efforts by his or her own motivation to integrate into the target-language community, for socioeconomic benefits, and s/he often receives corrective feedback from teachers and sometimes from other L1 speakers as well. But what if none of these facilitating factors are present? What if learners are cast into a new society, but have little motivation to fully acquire the target language, receive no formal language teaching, and have restricted access to the L2? Under such conditions, a pidginized/creolized variety of the target language is likely to appear. Depending on variable demographic and social factors, second language acquisition may lead either to bilingualism, to a so-called âsemi-creoleâ (e.g., Reunionese and Afrikaans), or to a more radical creole (e.g., Sranan, Mauritian and Haitian).
Riconoscere lâesistenza di processi di acquisizione di una L2 paralleli a quelli della pidginizzazione / creolizzazione delle lingue di contatto, significa che potenzialmente insegnare/apprendere una L2 potrebbe risultare in un lavoro co-costruito tra insegnanti ed apprendenti in cui le forme-significato della lingua target partono da una solida base strutturale di riferimento, proveniente dalla L1; creando cosiĚ una specie di âpidgin dellâapprendimentoâ capace di svolgere la prima delle funzioni del linguaggio individuate da Smith (1971), cioeĚ quella comunicativa. Proseguire lo studio e lâacquisizione della lingua target, significherebbe a questo punto aumentare gradualmente la complessitaĚ interna del sistema per giungere allâefficace svolgimento di piuĚ funzioni linguistiche, ad un uso sempre meno limitato di lessico e ad una velocitaĚ di locuzione maggiore.
Tale linea di pensiero ricorda molto la tabella 1.2 (Cfr. Cap. 1) estratta da Givon (1989) per esemplificare lâevoluzione di un âsistemaâ linguistico da una fase pre-grammaticale a una grammaticale. Possiamo definire le interlingue iniziali degli apprendenti di una L2 come sistemi pre-grammaticali, dove la narrazione procede secondo lo schema della narrazione iconica e sequenziale illustrata da Labov (1990, Cfr. Cap. 1, p. 28) e dove il lessico di riferimento eĚ limitato.
Alla luce di tali ragionamenti, appare ragionevole considerare lâipotesi per cui la pidginizzazione possa rappresentare un modello di strategia acquisizionale, attraverso il quale si possano ricreare le condizioni per accompagnare lâevoluzione della competenza negli apprendenti di una lingua target.
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